[Ho visto] "Cowspiracy", documentario sull'impatto degli allevamenti sul clima



Il filone dei documentari di Netflix mi piace molto, in particolare ultimamente cerco di guardarne il più possibile che parlino di società e ambiente e qualche giorno fa è stata la volta di "Cowspiracy", un reportage che indaga il legame tra allevamenti e sostenibilità ambientale.

Tutto ha inizio con il co-regista e protagonista Kip Andersen che, dopo la visione del documentario del 2006 "Una scomoda verità" di Al Gore, sviluppa una sensibilità ecologica e adotta uno stile di vita più sostenibile seguendo le indicazioni più diffuse che trova in rete: non sprecare acqua, usare i mezzi pubblici, ridurre l'uso di plastica usa e getta, cambiare le lampadine con quelle a risparmio energetico.

Convinto di fare già tutto il possibile, non si aspetta di imbattersi un giorno nell'impatto della produzione di carne sull'ambiente, un'informazione -si scoprirà in seguito- volutamente taciuta dalle grandi associazioni ambientaliste riconosciute a livello mondiale.

Questa scoperta lo porta a volerne sapere di più su questi pesanti silenzi e a organizzare una serie di interviste con figure istituzionali per fare chiarezza. Quello che emerge è tristemente noto da sempre: legami di soldi, potere, politica ai quali nemmeno le organizzazioni che portano avanti nobili cause ecologiste sono immuni quando diventano imprese d'affari.

Sono 3 le cose in particolare che mi hanno colpito.

1) IL CICLO DELLA CARNE

Può sembrare banale ma non l'avevo mai considerato così chiaramente nel suo insieme.

Funziona così (immaginatevi una spirale con l'uomo al centro): l'uomo mangia gli animali, gli animali mangiano (molto) cibo e bevono (molta) acqua, il cibo che sfama gli animali deve essere coltivato su grandi terreni, che non esistono, o meglio, non ce ne sono abbastanza (vi ricordate le famose terre emerse? Ecco, sono finite).
Quindi si abbattono le foreste (anche ma non solo) per fare spazio ai terreni per coltivare principalmente soia, grano e mais che sfameranno gli animali (queste piantagioni necessitano, a loro volta, di molta acqua).
La deforestazione contribuisce, come è noto, ai cambiamenti climatici dato che viene meno la capacità delle foreste di assorbire CO2. Per non parlare della perdita di biodiversità, che detta così sembra una cosa inutile e lontanissima da noi ma che in realtà è alla base dell'esistenza in equilibrio di tutte le specie viventi sul pianeta (nel libro scritto dal neurobiologo vegetale Stefano Mancuso "La nazione delle piante" è spiegato molto bene, con un linguaggio semplice e chiaro).

Alla fine di questo ciclo si scopre ad esempio che mangiare un solo hamburger equivale al consumo di 3000 litri di acqua che equivalgono a quella usata per farsi la doccia per 2 mesi. Con buona pace dei frangigetto da applicare ai rubinetti domestici per il risparmio idrico (sempre validi comunque).

Questo per dire, ancora una volta, quanto tutto sia incredibilmente collegato e quanto ogni nostra azione abbia delle conseguenze.


2) I NUMERI DELLA CARNE

Attraverso interviste e analisi dei dati tratti da numerosi studi, dal documentario si evince che non esiste un'alimentazione sostenibile basata sul consumo degli animali e dei loro derivati. Gli allevamenti biologici o comunque più rispettosi rispetto a quelli intensivi non hanno una resa sufficiente per soddisfare la domanda, che è in continuo aumento a livello mondiale.

Si scopre così che gli allevamenti di bestiame usati per sfamare l'uomo generano più gas serra di tutto il settore dei trasporti e che l'industria zootecnica consuma da sola, attraverso il ciclo descritto prima, il 30% dell'acqua dolce disponibile a livello mondiale.


3) IL LEGAME TRA CONSUMO, POTERE E POLITICA

Come sempre l'unione dei puntini e la visione d'insieme dei fenomeni sono quello che più mi interessa e affascina. Questo documentario mette in luce il peso delle azioni quotidiane dei consumatori che acquistando dai maggiori produttori danno soldi alle grandi industrie zootecniche, perlopiù senza etica nè scrupoli, che acquisiscono così potere economico grazie al quale possono esercitare un'influenza a livello politico e, di fatto, legislativo (ovviamente a proprio vantaggio).

Sembra un meccanismo inarrestabile, ma è proprio qui invece che il consumatore può fare una grande differenza attraverso le proprie scelte d'acquisto.






Seppur basato su valori di consumo americani (molto più grandi di quelli italiani), l'ho trovato un documentario molto interessante che fa riflettere su quanto anche l'alimentazione possa impattare sull'ambiente e sui cambiamenti climatici. In effetti sfamare 7 miliardi di persone (nel 2050 si stima che arriveremo a 9 miliardi) non è uno scherzo, ce la giochiamo davvero sui grandi numeri.

Non ho amato particolarmente il tono generale un po' assolutista come a dire che non mangiare carne è l'unico modo per essere sostenibili.

Credo che oggi la sostenibilità sia sempre più un insieme di cose, non solo l'alimentazione, non solo i consumi, non solo la riduzione della plastica e dei rifiuti in generale, ma un insieme di tutto questo. Essere sostenibili oggi comporta un vero e proprio cambio di mentalità e di modello di sviluppo.

Dobbiamo però iniziare a sentirci parte di questo insieme smettendo di pensare che il singolo non possa fare la differenza. Attraverso le azioni di ogni giorno la fa eccome.

Credo che ciascuno di noi dovrebbe potersi occupare di quello che più ama nella vita non per forza sentendosi ecologista, questo perché tutto il sistema là fuori dovrebbe già essere pensato e strutturato in modo da essere sostenibile.

Fino ad allora però credo che ognuno debba fare la propria parte e che tutti dobbiamo sviluppare attraverso ogni mezzo che abbiamo a disposizione una maggiore sensibilità ecologica.


Ps: oltre all'aspetto ecologico, il documentario tocca molto da vicino anche il discorso etico di come trattiamo gli animali. Niente può giustificare la freddezza e la crudeltà con cui abbiamo messo in piedi un sistema alimentare che considera una mera merce altri esseri viventi. Mi chiedo spesso se ci sia una terza via tra l'orrore degli allevamenti intensivi e la privazione totale della carne ed è quello che cercherò di scoprire con una delle prossime letture che affronterò, il libro "I nuovi onnivori" di Roberta Schira.

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