Benessere a piccole dosi
L’ispirazione per questo post mi
è venuta in questa grigia giornata di pioggia che, paradossalmente, mi ha
rilassata moltissimo, e ne avevo davvero bisogno. Non ha smesso di piovere
neanche un secondo e mi sono goduta, dalla scrivania del lavoro e poi in
macchina mentre tornavo a casa, il rumore di ogni singola goccia.
Così quando sono rientrata a casa
(in anticipo di 2 ore grazie ai permessi, evvai!) mi è venuta voglia di fare
una mini lezione di yoga by myself, che ho praticato per anni ma che, ahimè, da
alcuni anni a questa parte ho purtroppo abbandonato. Credo di aver assimilato
lo spirito yogico ma il più delle volte la mia pigrizia mi impedisce di
partecipare alle lezioni fisiche. Odiosa questa cosa …
Anyway, focus!! Prima che io mi
perda nei meandri infiniti della mia mente (nota: altro problema da risolvere
in futuro, la concentrazione).
Dicevo, appena rientrata ho fatto
una lezioncina di yoga, con quelle poche asana (posizioni) che mi ricordavo,
accorgendomi così di quanto sono retrocessa nell’elasticità. Ebbene sì, la flessibilità
mi ha abbandonata e incombe la rigidità muscolare di una novantenne (che non ha
mai praticato yoga, perché le novantenni che l’hanno praticata saltano i fossi
per la lunga).
Ma la bella notizia è che, di
fatto, importa poco. Una delle prime lezioni che yoga ti insegna è la pazienza. D’altronde anche i Morcheeba
ti ricordano che “Rome wasn’t built in a day”, Roma non è stata costruita in un
giorno. Perciò è inutile volere toccarsi subito la punta dei piedi … oggi non
ci arriverai, ma se ti alleni tra una settimana raggiungerai le caviglie e ti
sentirai soddisfatta. Sarai sempre la stessa eppure non sarai più la stessa. E
fra un mese chissà dove potrai arrivare …
La pazienza yogica è intesa come
un’accettazione dei propri limiti volta al loro superamento col passare del
tempo, con la pratica e la costanza nell’applicazione. Non ti sembra che in
fondo abbia qualcosa in comune con la vita di tutti i giorni?
Un altro grandissimo insegnamento
che cerco di applicare il più spesso possibile è la respirazione. Ce ne sono di vari tipi, nulla di particolarmente
complesso per chi è un po’ pratico del mestiere ma io cerco sempre di partire
dalla più semplice di tutte, ovvero ricordarmi di respirare. Il chè non è
affatto così scontato. Non è tanto il cosa faccio ma il come lo faccio. Tutti
respiriamo (meno male) … ma come lo facciamo? Ascoltati. Concentrati su come
stai respirando adesso, su quanto lungo e profondo è il tuo respiro. Trovi che
non sia poi così lungo e profondo? Niente di più probabile. Noi occidentali
(anche se sono sempre più convinta di essere un’orientale mancata) siamo
abituati a respiri brevi, veloci e superficiali, e ignoriamo totalmente il
potere della respirazione. Nella nostra vita quotidiana ad esempio, un lungo e
profondo respiro, per quanto banale possa sembrare, distrae il cervello dai
pensieri e alleggerisce la mente. La prossima volta che ti capiterà la giornata
no se qualcuno ti dice “Calma! Respira!” prova a farlo davvero. Ma riesce ancora
meglio secondo me facendola a casa, ti bastano 10 minuti, così puoi permetterti
di pensare alle tue linee guida che dovranno essere queste: “non ho scadenze,
non ho orari da rispettare, nessuno mi sta correndo dietro. Sono libera e sono io,
qui e ora”.
Ricordo ancora di essere rimasta
illuminata per la prima volta da questo concetto grazie a un film (non è forse
quando le cose più semplici vengono dette ad alta voce che le mettiamo davvero
a fuoco?) di cui non conosco però il titolo, era uno di quelli pseudo orientali
con Jackie Chan per intenderci. Il guerriero era in preda al panico, ansioso e
preoccupato per la battaglia che stava per affrontare e alla sua domanda “Cosa
devo fare?” il maestro rispose “Don’t forget to breathe”, non dimenticarti di
respirare. E da allora ho sempre cercato di ricordarmene.
Questa giornata yogica mi ha
fatto apprezzare ancora di più il mio piccolo rituale quotidiano antistress,
cioè la fase struccaggio. E’ ormai diventato un rito perché quel quarto d’ora
che mi dedico vale moltissimo in termini di amor proprio. E questo mi fa capire quanto sia importante
ritagliarci uno spazio solo per noi dedicato a un’attività che ci rilassa, che
siano 5 minuti o che sia un’ora. Coccolati! Perché? La vera domanda è, perché
non dovresti?
Da un po’ di tempo a questa parte
il mio momento defaticante è la sera quando mi strucco, possibilmente con
prodotti eco-bio o equosolidali così oltre a fare del bene a me sono contenta
di fare del bene anche all’ambiente o quantomeno di non danneggiarlo
ulteriormente. Ah quanto amo e difendo e sostengo quel mio felice quarto d’ora!
E’ un rito che fa ormai parte di tutte le mie sere. Ok, lo ammetto, a volte
faccio il “rito abbreviato”, ma me lo godo sempre fino in fondo. Mi piace anche
collegare idealmente questo gesto a un significato
simbolico (non sottovalutare il potere della mente!). Ad esempio mentre ti
strucchi un occhio puoi eliminare dalla mente quel collega che “oddio, non lo
sopporto!”, mentre ti strucchi l’altro occhio dimentichi quel noioso incarico
che ti ha affidato il capo, ci ripenserai domani, lascialo in ufficio. Mentre ti
strucchi il viso elimini i tre semafori rossi presi uno dopo l’altro perché “se
la gente si sbrigasse!”. E così via … piccoli episodi di vita quotidiana da
archiviare nel passato. Stress giornaliero che gocciola su di noi lentamente ma
incessantemente. Mind-cleaning! Sciogliendo il trucco sciolgo lo stress. E quando
mi spalmo la crema finale è come un ricostituente, un premio, una carezza.
Ciascuna può immaginarsi in mille
modi diversi il proprio momento di relax, l’importante è dedicarselo davvero e
metterlo in pratica, da subito, da stasera, perché ci serve, perché ci spetta,
perchè in fondo siamo noi le prime a doverci voler bene. E se non ora, quando?
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